'Non potevo farci nulla: l’inquietudine era nella mia natura e qualche volta mi agitava fino alla sofferenza. Allora il mio unico sollievo era camminare per il corridoio del terzo piano, al sicuro in quella solitudine e in quel silenzio, abbandonare il mio spirito alle splendide visioni che mi sovrastavano – ed erano molte e luminose - ; lasciare che il mio cuore si sollevasse nel moto esultante che, mentre lo gonfiava di turbamento, lo dilatava di vita, e soprattutto aprire l’orecchio interiore a un racconto che non aveva mai fine, un racconto che la mia immaginazione creava e ininterrottamente narrava, animandolo con tutti gli avvenimenti, la vita, il fuoco, i sentimenti che desideravo e non conoscevo nella mia vita reale'.
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