Il
tenore Mario, al secolo Giovanni Matteo De Candia (noto anche come
Mario De Candia), fu uno dei grandi tenori dell’Ottocento. Successore di
Rubini a Parigi e Londra, cantò anche a Pietroburgo, in Spagna, negli
Stati Uniti e nelle città britanniche, mai in Italia, si dice per un
voto fatto in gioventù. Era nato a Cagliari nel 1810, figlio di un alto
ufficiale dell’esercito savoiardo che aveva fatto una notevole carriera
all’ombra dei Savoia, sino a diventare governatore di Nizza.
Mario
ebbe vita avventurosa e ciò contribuì al fiorire di leggende e
invenzioni su di lui. Principale responsabile della diffusione di queste
false notizie, in buona parte già circolanti su libri inglesi e
giornali francesi, fu una figlia del tenore, Cecilia Pearse De Candia,
autrice di una biografia del padre, The Romance of a Great Singer,
pubblicata nel centenario della nascita del tenore. Lo si volle conte o
marchese, laddove il suo titolo era di cavaliere nobile. Lo si volle
amico di Mazzini quando faceva il servizio militare a Genova, mentre
conobbe il patriota genovese e strinse amicizia con lui soltanto, a
Londra, quando era già il tenore Mario. Lo si volle esule politico,
mentre disertò e fuggì in Francia per ragioni di debiti. A Parigi lo si
disse per l’appunto conte ed esule ed egli non si peritò mai di smentire
o precisare. Bello, aristocratico e squattrinato, fu bene accolto nei
salotti parigini, in particolare in quello della principessa Belgiojoso,
dove cantava en amateur. Le necessità economiche lo spinsero alla
carriera teatrale e, preparato da Meyerbeer, debuttò in Robert le diable
all’Opéra. Passò presto al teatro italiano, a lui più congeniale e
cantò a Londra dove conobbe il grande soprano Giulia Grisi, destinata ad
essere la sua compagna nella vita e sulla scena. Guadagnò cifre
favolose e sostenne la causa risorgimentale, conobbe Garibaldi e
finanziò la spedizione dei Mille, pur allineandosi, in seguito, alla
linea savoiarda. A metà carriera, col mutare dei tempi, cantò opere di
Verdi, presentandone alcune in Russia e a Parigi. Con Verdi fu in
dissenso per l’uso di una cabaletta che il Maestro aveva scritto per lui
nei Due Foscari, ma dopo alcuni anni il dissenso si appianò.
Morta
la Grisi e dovendo mantenere tre figlie, Mario proseguì la carriera
forse oltre il dovuto. Infine si ritirò a Roma, nuova capitale d’Italia,
vivendo in relative ristrettezze, ma decorosamente, grazie a una
pensione garantitagli dagli amici inglesi, e tenendo rapporti coi
principi Odescalchi e col Quirinale. A Roma morì nel 1883 e fu sepolto a
Cagliari nel 1884.
In
questo libro la vita, i viaggi e le avventure di Mario sono raccontate
su base documentale: fonti d’archivio, epistolario, giornali,
pubblicazioni ottocentesche. E da questa biografia emerge anche un
quadro degli usi, teatrali e non, e della storia dell’epoca
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