lunedì 1 febbraio 2021

IL TENORE GENTILUOMO. La vera storia di Mario (Giovanni Matteo De Candia)

Il tenore Mario, al secolo Giovanni Matteo De Candia (noto anche come Mario De Candia), fu uno dei grandi tenori dell’Ottocento. Successore di Rubini a Parigi e Londra, cantò anche a Pietroburgo, in Spagna, negli Stati Uniti e nelle città britanniche, mai in Italia, si dice per un voto fatto in gioventù. Era nato a Cagliari nel 1810, figlio di un alto ufficiale dell’esercito savoiardo che aveva fatto una notevole carriera all’ombra dei Savoia, sino a diventare governatore di Nizza. 
Mario ebbe vita avventurosa e ciò contribuì al fiorire di leggende e invenzioni su di lui. Principale responsabile della diffusione di queste false notizie, in buona parte già circolanti su libri inglesi e giornali francesi, fu una figlia del tenore, Cecilia Pearse De Candia, autrice di una biografia del padre, The Romance of a Great Singer, pubblicata nel centenario della nascita del tenore. Lo si volle conte o marchese, laddove il suo titolo era di cavaliere nobile. Lo si volle amico di Mazzini quando faceva il servizio militare a Genova, mentre conobbe il patriota genovese e strinse amicizia con lui soltanto, a Londra, quando era già il tenore Mario. Lo si volle esule politico, mentre disertò e fuggì in Francia per ragioni di debiti. A Parigi lo si disse per l’appunto conte ed esule ed egli non si peritò mai di smentire o precisare. Bello, aristocratico e squattrinato, fu bene accolto nei salotti parigini, in particolare in quello della principessa Belgiojoso, dove cantava en amateur. Le necessità economiche lo spinsero alla carriera teatrale e, preparato da Meyerbeer, debuttò in Robert le diable all’Opéra. Passò presto al teatro italiano, a lui più congeniale e cantò a Londra dove conobbe il grande soprano Giulia Grisi, destinata ad essere la sua compagna nella vita e sulla scena. Guadagnò cifre favolose e sostenne la causa risorgimentale, conobbe Garibaldi e finanziò la spedizione dei Mille, pur allineandosi, in seguito, alla linea savoiarda. A metà carriera, col mutare dei tempi, cantò opere di Verdi, presentandone alcune in Russia e a Parigi. Con Verdi fu in dissenso per l’uso di una cabaletta che il Maestro aveva scritto per lui nei Due Foscari, ma dopo alcuni anni il dissenso si appianò.
Morta la Grisi e dovendo mantenere tre figlie, Mario proseguì la carriera forse oltre il dovuto. Infine si ritirò a Roma, nuova capitale d’Italia, vivendo in relative ristrettezze, ma decorosamente, grazie a una pensione garantitagli dagli amici inglesi, e tenendo rapporti coi principi Odescalchi e col Quirinale. A Roma morì nel 1883 e fu sepolto a Cagliari nel 1884.
In questo libro la vita, i viaggi e le avventure di Mario sono raccontate su base documentale: fonti d’archivio, epistolario, giornali, pubblicazioni ottocentesche. E da questa biografia emerge anche un quadro degli usi, teatrali e non, e della storia dell’epoca

 

 


 

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