Come risulta nell'atto di battesimo conservato presso l'Archivio prepositurale di Varese, nacque l'8 aprile e non il 18, del resto, come già aveva scritto il Pougin, anche se era stato ritenuto un errore, come ha dimostrato Bruno Belli nella biografia scritta sulla base dei documenti originali, citata nella Bibliografia di questa voce. Dopo essersi formata musicalmente sotto la guida della madre, violinista dilettante, e di Domenico Zucchinetti a Varese e di Antonio Secchi a Milano, debuttò nel mondo dell'opera nel 1789 a Parma cantando ne La pastorella nobile di Guglielmi e l'anno seguente alla Scala di Milano in tre opere buffe tra cui La bella Pescatrice dello stesso autore e La cifra di Antonio Salieri. Non avendo tali prime esecuzioni di carattere comico avuto particolarmente successo, la Grassini fu indotta a riprendere lo studio del canto e a volgersi verso il genere drammatico.
Gli esordi e l'apice della carriera italiana
A partire dal 1792 ella tornò pienamente attiva esibendosi nei teatri di Vicenza, Venezia, nuovamente Milano, Napoli e Ferrara. Cantò, tra l'altro, nella prima rappresentazione alla Scala dell'Artaserse di Zingarelli (1793), nella première del Demofoonte di Portugal (1794), nell'Orfeo ed Euridice di Bertoni (Euridice), nel Telemaco nell'isola di Calipso di Mayr (première 1797), nell'Artemisia di Cimarosa (première 1797) e ne La morte di Semiramide di Nasolini, in occasione della prima rappresentazione alla Fenice nel 1798 (ruolo del titolo).
Il suo anno di gloria fu comunque il 1796 quando creò due ruoli che sarebbero rimasti in repertorio alcuni decenni e famosi poi fino ai giorni nostri, in entrambi i casi a fianco del sopranista Girolamo Crescentini che fu anche suo prezioso maestro e ai cui insegnamenti rimase fedele per tutta la sua vita artistica. Per lei, infatti, Nicola Zingarelli scrisse la parte di Giulietta nella sua opera Giulietta e Romeo, andata in scena alla Scala di Milano il 30 gennaio, mentre Domenico Cimarosa compose il ruolo di Orazia ne Gli Oriazi e i Curiazi, andati invece in scena nell'altro grande teatro dell'Italia Settentrionale, La Fenice di Venezia, il 26 dicembre. In quello stesso anno, la Grassini partecipò anche alla prima di una terza opera, l'Issipile di Gaetano Marinelli, la quale non riportò però un successo neanche paragonabile a quello delle altre due.
Il periodo napoleonico e il ritiro
Il 4 giugno 1800, poco prima della vittoria di Marengo, alla Scala di Milano, mentre interpretava La vergine del sole di Andreozzi, la Grassini, del resto già nota per le sue turbolente vicende amorose, fece colpo su Napoleone Bonaparte, che l'arruolò tra le sue amanti, portandola con sé a Parigi[1], dove si esibì in alcuni concerti. La relazione con il Primo Console non aveva però probabilmente un carattere di convenienza, ma era semplicemente simbolo dello spirito libero della Grassini, la quale, invaghitasi nel frattempo del violinista Pierre Rode, non esitò ad intrecciare una nuova relazione con lui, praticamente sotto gli occhi del futuro Imperatore dei Francesi, ed a lasciare Parigi per una tournée concertistica nei Paesi Bassi e Germania (1801), per poi rientrare senz'altro in Italia.
La Grassini nel 1804-5 fu a Londra, dove al King's Theatre cantò in alcune riprese de La vergine del sole di Andreozzi, de La morte di Cleopatra di Nasolini e della Camilla di Fioravanti, nonché nelle prime esecuzioni de Il ratto di Proserpina e della Zaira di von Winter. Nel Ratto figurava anche il celebre soprano Elizabeth Billington che si scontrò con l'italiana in una gara di gorgheggi, dalla quale questa uscì trionfale vincitrice.
Nel 1806 la Grassini tornò a Parigi insieme al suo maestro Crescentini, dove fu nominata Prima cantante di Sua Maestà l'Imperatore. Alle Tuileries si esibì come protagonista nella prima de La Didone di Paër e nel Pimmalione di Cherubini. Il suo soggiorno nella capitale francese durò sino al 1814, anno in cui venne di nuovo scritturata dal King's Theatre di Londra e partecipò alla prima dell'Aristodemo di Pucitta. Durante il suo soggiorno londinese, la Grassini, tenendo fede alle sue turbolente inclinazioni amorose, intrecciò una nuova relazione, questa volta con il grande rivale di Napoleone, il duca di Wellington. Dopo un breve trasferimento a Roma, fece ritorno a Parigi durante i Cento giorni dell'epilogo napoleonico e vi rimase anche dopo la Restaurazione (il Duca di Wellington era stato nominato ambasciatore britannico a Parigi), finché non fu costretta a lasciare il territorio francese per l'ostilità da parte di Luigi XVIII, che considerava sconveniente la popolarità di un'ex-amante di Napoleone.[2]
Rientrata quindi definitivamente in Italia, continuò la sua attività di cantante nei teatri lirici: si esibì a Brescia, a Padova, a Trieste, a Firenze e nel 1817 nuovamente alla Scala di Milano, senza peraltro riscuotere più i successi cui era abituata. Si ritirò dai palcoscenici nel 1823 e si stabilì definitivamente nel capoluogo lombardo, dedicandosi anche all'insegnamento ed avendo tra le sue allieve Giuditta Pasta e le proprie nipoti Giulia e Giuditta Grisi. Morì molto anziana nel 1850
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